FONTE WWW.AODV231.IT
04.02.2014
Corte di Cassazione – sentenza 30 gennaio 2014
Con la sentenza n. 4667/2013, depositata il 30 gennaio u.s., la Corte di Cassazione è intervenuta sul tema dell´idoneità del modello a neutralizzare eventuali comportamenti criminosi, facendo seguito a due precedenti pronunce di assoluzione nei confronti della società cui era stato contestato il reato di aggiotaggio.
I due giudizi di merito, radicati a Milano, si erano conclusi favorevolmente per l´ente: il giudice d´appello, infatti, sposando le motivazioni dell´Ufficio GIP del Tribunale, già pronunciatosi in primo grado, aveva emesso sentenza di assoluzione ritenendo il modello valido ed efficace, individuando, altresì, nella condotta dei soggetti apicali un´elusione fraudolentadel medesimo.
Di diverso avviso il Procuratore Generale presso la Corte d´Appello il quale, non condividendo le predette motivazioni, ha impugnato la sentenza dinanzi al Supremo Collegio che ha accolto il ricorso presentato e annullato la sentenza impugnata.
I punti salienti della motivazione hanno riguardato:
· l´idoneità del modello;
· l´elusione fraudolenta;
· l´indipendenza dell´OdV.”
Riguardo al primo puntola Suprema Corte rileva come l´aggiotaggio sia un “delitto di comunicazione” commesso da “chiunque diffonde notizie false (…)” ed è, dunque, proprio su questo versante “comunicativo” che il “modello e il relativo controllo avrebbe dovuto mostrare la sua efficacia”.
Tuttavia, almeno da ciò “che sembra emergere dalla sentenza di merito”, l´attività di controllo operata dal compliance officer, prevedeva una verifica limitata alla versione “bozza” elaborata dagli organi interni, senza tuttavia interessare quella finale, modificata dagli organi apicali.
In tal caso, sostiene la Corte, “è evidente che il modello organizzativo non possa ritenersi atto a impedire la consumazione di un tipico reato di comunicazione, quale per quel che si è già detto è l´aggiotaggio”. Se così fosse, si sostiene nel provvedimento, si verserebbe in una fattispecie di ´insufficienza dei protocolli realizzati per attuare il sistema di controllo ex D.Lgs. n. 231/2001.
Passando alla condotta fraudolenta, la Corte di Cassazione ritiene di dover precisare che la stessa non “può consistere nella mera violazione delle prescrizioni contenute nel modello”, ovvero la fraudolenza non deve coincidere per forza con quegli artifizi e raggiri tipici del reato di truffa ex art. 640 c.p., ma allo stesso modo “non può certo non consistere in una condotta ingannevole e subdola”. Deve essere intesa come comportamento di “aggiramento di una norma imperativa, non di una semplice e frontale violazione della stessa”. Tali peculiarità non sembrerebbero sussistere per il giudice di legittimità nella ”semplice alterazione/sostituzione” dei contenuti della bozza elaborata dagli organi interni”, in quanto condotta più vicina ad un mero “abuso di potere” più che ad un vero e proprio inganno.
Relativamente all´indipendenza dell´OdV nella pronuncia si prende atto, tra gli altri aspetti, che “l´organo di vigilanza (compliance officer) aveva natura monocratica ed era posto alle dirette dipendenze del presidente”. Tale circostanza smentirebbe la pretesa dell´art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001 secondo cui il controllo, oltre ad essere effettivo, deve “presuppore la non subordinazione del controllante dal controllato”.
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